Caratteristiche
della poetica:
Stile
Gozzano consistette in breve – come ci riferisce Montale - nell'«attraversare D'Annunzio per approdare ad un territorio suo, così come, su scala maggiore, Baudelaire aveva attraversato Hugo per gettare le basi di una nuova poesia».
Il punto di partenza di Gozzano è senza dubbio D’Annunzio, visto come il modello da attraversare e da percorrere criticamente e ironicamente. L’ironia e il distacco colpiscono il poeta vate, il suo ruolo pubblico, impegnato, abituato ad essere al centro della società, ma anche la sua stessa poetica, esempio ne è quella dannunziana, e per questo diventerà il segnale del nuovo orientamento poetico che si svilupperà nel Novecento.
La forma scelta da Gozzano è quella dell’ironia, al limite della parodia in alcuni casi, a cui corrisponde una radicale riduzione ed abbassamento del livello tematico e linguistico che ad esempio in D’Annunzio era detto stile oratorio. Il linguaggio di Gozzano scende sia di tono sia di vocabolario, abbandona la sfera aulica e aristocratica e sceglie invece il parlato della conversazione media borghese. Abbandona il tono lirico, l’intensità simbolista della poesia per un modesto tono colloquiale, un dialogo quasi banale.
Ed è proprio in questo che si può cogliere la grandezza della poesia gozziniana. Essa nasce dentro l’esperienza dannunziana e si pone l’obiettivo di degradarla, appunto con l’ironia. Questo si può notare anche nell’uso della struttura metrica, assolutamente priva di elementi innovatori, utilizza ancora, infatti, lo schema dell’endecasillabo appena rianimato dalla rima e dagli accenti del caso: « lo stile d'uno scolaro / corretto un po' da una serva».
L’ironia e un complesso atteggiamento di amore e odio nei confronti del decadentismo dannunziano, così come nei confronti della mediocrità borghese, sono poi i fattori che distinguono Gozzano dagli altri crepuscolari (soprattutto Corazzini e Moretti) quando prende a soggetto le celebri «piccole cose di pessimo gusto». Generalmente il registro ironico e l’assenza del patetico, la non partecipazione sentimentale alla crisi del poeta vate nazionale, distinguono Gozzano dall’esperienza crepuscolare e lo colloca in una posizione isolata, soprattutto nei confronti di Corazzini.
Finalità
Nella poesia di Gozzano è possibile avvertire la paura di non poter più scrivere versi in una società come quella moderna, borghese, sentita come estranea ad ogni sorta di discorso poetico, intenta com’è all’utilità, al guadagno, all’economicità.
La scelta di Gozzano è quella di accettare del tutto le condizioni che la norma sociale gli impone, la stessa norma che considera lo scrivere in versi una stranezza di cui bisogna vergognarsi, il fare poesia, infatti, urta contro le “buone cose di pessimo gusto” della normale vita borghese.
Proprio da questo conformarsi con l’ordine borghese deriva la scelta del linguaggio e degli oggetti quotidiani, che diventano l'unico modo di sopravvivenza di una poesia in netto contrasto con il suo contesto. Il linguaggio medio e la normalità delle situazioni, oggetti, personaggi, ambienti rappresentano la maschera che la poesia deve assumere per non essere rifiutata a priori dal contesto borghese. Gozzano però, a differenza degli altri crepuscolari, si rende conto della precarietà di questa maschera e per questo nella sua poesia c’è sempre un simbolo di distinzione: l’ironia.
L’ironia ci mostra l’utopicità di poter far durare la poesia sotto la maschera della mimetizzazione borghese di essa, utopico, infatti, è il credere che la poesia venga accettata entro la società per il solo fatto di aver rinunciato al suo essere, a meno che questa non si venda accettando di diventare merce per celebrare i valori di utilità e guadagno del mondo. Come dice Gozzano stesso nella Signorina Felicita:
“Oh! Questa sterile vita di sogno! / Meglio la vita ruvida concreta / Del buon mercante inteso alla moneta, / Meglio andare avanti sferzati dal bisogno, / Ma vivere di vita! Io mi vergogno, / Sì, mi vergogno d’essere un poeta!”
la signorina Felicita
Scende la sera nel giardino antico della sua casa.Nel cuore dell'autore scende il ricordo di quando si vedevano,egli la rivede ancora e rivede la città di Ivrea,la Dora e nel paese di cui egli non parla.Questo era il giorno del suo onomastico,l'autore si chiede cosa ella starà facendo,tastare il caffè,quando si sente l'odore intorno.Oppure stava cucendo dei lini o cantando pensando a lui,oppure all'avvocato che non tornava a casa.E secondo l'autore l'avvocato era lì che pensava a lei.La signorina Felicita non aveva una bellezza così eccessiva,anzi,priva di fascino e vestita in modo semplice,campagnola.Però il suo viso aveva un'espressione di bene e aveva dei capelli vuondi,raccolti in piccole treccine molto belle che,secondo l'autore,la fanno sembrare una donna fiamminga.Egli vedeva la sua bocca rossa,così sicura e decisa,un'espressione aperta nel ridere e nel bere,con le sopracciglie molto bionde,molto chiare e con degli occhi azzurri limpide come le stoviglie.La signorina Felicita lo ha amato,e negli occhi di lei c'era un'allettamento femminile.Lei parlava cercando di nasconderlo ma non riuscndoci ella si voleva far piacere.E la signorina Felicita per l'autore era più importante di ogni conquista cittadina e ad ogni egli faceva piacere quel suo essere guardata.Ogni giorno il poeta risaliva sul sentiero che portava da lei.Il farmacista non pensò ad una bella amicizia quando lei gli presentò il poeta.Allora il tavolo era già imbandito e la signorina F. tratteneva il poeta a cena.Questa era una cena molto semplice con le solite cose come il gatto,la farfalla notturna,con la signora Maddalena(signora delle pulizie),con i soliti commenti sui cibi e con la successiva siesta che precedeva la partita.Per la partita serale c'era tutto il colleggio politico sociale.ma visto che il poeta non sapeva giocare non veniva gradito da queste persone.All'autore faceva più piacere starsene in cucina tra le stoviglie e i colori vivi e con il silenzio tra egli e la signorina Felicita e tra gli odori di basilico e di aglio che lo consolavano.Maddalena con i suoli lamenti per l'età avanzata disponeva bene gli arredi e puliva tutta la casa,intanto il poeta si smarriva nei sogni di varia natura,più strani e intanto accordava le sillabe dei suoi versi con il rumore delle stoviglie che Maddalena lavava e riassettava.Sotto la grande cappa del camino,quando in lui riviveva l'anima di un cuoco,egli godeva sul rumore che emanava il fuoco che sembrava la canzone di un grillo parlante,come quello di Pinocchio,che gli diceva parole piano piano e lì vedeva il suo destino,e cioè la sua triste fine,ma quando riapriva gli occhi vedeva la signorina Felicita che gli ridava speranza....