Arguto distendea, l'occhio vibrando
Dardeggiante e le orecchie erte, a le verdi
Gonne de l'alta marchesana. A lei
D'ambo i lati sedean donne e donzelle,
Fior di beltà, fior di guerresche altiere
Ghibelline prosapie. E di rincontro
Ardendo in mezzo d'odorata selva
Il focolar, tu dritto in piedi tutta
Ergei la testa su i minor baroni,
Caro a gli esuli e a' vati, o Malaspina.
Posava in pugno al cavaliere un bello
Astor maniero, e, quando varia al vento
Saltellante la grandine picchiava
Le vetrate e imbiancava il fuggitivo
Balen le appese a' muri armi corusche,
Ei l'ale dibatteva, il serpentino
Collo snodando, e uno stridor mettea
Rauco di gioia: ardeagli nel grifagno
Occhio l'amor de le apuane cime
Natie, libere: ardea, nobile augello,
In tra i folgori a vol tendere su' nembi.
E fiso un paggio lo guatava, a' piedi
Seduto del signor: fuggìasi anch'esso
In su l'ale de' venti co 'l desio
Fuor de la sala, e valicava i monti
Da l'insana procella esercitati
E le selve grondanti, e tra 'l tonante
Romor de le lontane acque lo scroscio
Del fiume ei distinguea cui siede a specchio
La capanna di sua madre vassalla.
Ma non al paggio né a l'astor, trastullo
De gli ozi suoi, volgeva occhio il barone,
Sì atteso egli pendea da la soave
Loquela di Sennuccio, e sì 'l tenea
D'un compagno di lui l'alta sembianza,
Di Gualfredo Ubaldini. E, poi che tacque