CULTURA
COLLABORA
GRANDI POETI
NEWS



1 - A ciascun'alma presa.


A ciascun'alma presa e gentil core
nel cui cospetto ven lo dir presente,
in ciò che mi rescrivan suo parvente,
salute in lor segnor, cioè Amore.

Già eran quasi che atterzate l'ore
del tempo che onne stella n'è lucente,
quando m'apparve Amor subitamente,
cui essenza membrar mi dà orrore.

Allegro mi sembrava Amor tenendo
meo core in mano, e ne le braccia avea
madonna involta in un drappo dormendo.

Poi la svegliava, e d'esto core ardendo
lei paventosa umilmente pascea:
appresso gir lo ne vedea piangendo


O voi che per la via d'Amore passate
attendete e guardate
s'elli è dolore alcun, quanto 'l mio, grave;
e prego sol ch'audir mi sofferiate,
e poi imaginate
s'io son d'ogni tormento ostale e chiave.
Amor, non già per mia poca bontate,
ma per sua nobilitate,
mi pose in vita sì dolce e soave,
ch'io mi sentia dir dietro spesse fiate:
"Deo, per qual dignitate
così leggiadro questi lo core have?"
Or ho perduta tutta mia baldanza,
che si movea d'amoroso tesoro;
ond'io pover dimoro,
in guisa che di dir mi ven dottanza.
Sì che volendo far come coloro
che per vergogna celan lor mancanza,
di fuor mostro allegranza,
e dentro da lo core struggo e ploro.

Piangete, amanti, poi che piange Amore,
udendo qual cagion lui fa plorare.
Amor sente a Pietà donne chiamare,
mostrando amaro duol per li occhi fore,

perché villana Morte in gentil core
ha miso il suo crudele adoperare,
guastando ciò che al mondo è da laudare
in gentil donna sovra de l'onore.

Audite quanto Amor le fece orranza,
ch'io 'l vidi lamentare in forma vera
sovra la morta imagine avvenente;

e riguardava ver lo ciel sovente,
ove l'alma gentil già locata era,
che donna fu di sì gaia sembianza.

                                                 



Morte villana, di pietà nemica,
di dolor madre antica,
giudicio incontastabile gravoso,
poi che hai data matera al cor doglioso
ond'io vado pensoso,
di te blasmar la lingua s'affatica.
E s'io di grazia ti voi far mendica,
convenesi ch'eo dica
lo tuo fallar d'onni torto tortoso,
non però ch'a la gente sia nascoso,
ma per farne cruccioso
chi d'amor per innanzi si notrica.
Dal secolo hai partita cortesia
e ciò ch'è in donna da pregiar vertute:
in gaia gioventute
distrutta hai l'amorosa leggiadria.
Più non voi discovrir qual donna sia
che per le propietà sue canosciute.
Chi non merta salute
non speri mai d'aver sua compagnia.

Cavalcando l'altr'ier per un cammino,
pensoso de l'andar che mi sgradia,
trovai Amore in mezzo de la via
in abito leggier di peregrino.

Ne la sembianza mi parea meschino,
come avesse perduto segnoria;
e sospirando pensoso venia,
per non veder la gente, a capo chino.

Quando mi vide, mi chiamò per nome,
e disse: "Io vegno di lontana parte,
ov'era lo tuo cor per mio volere;

e recolo a servir novo piacere".
Allora presi di lui sì gran parte,
ch'elli disparve, e non m'accorsi come.

Ballata i' voi che tu ritrovi Amore,
e con lui vade a madonna davante,
sì che la scusa mia, la qual tu cante,
ragioni poi con lei lo mio segnore.
Tu vai, ballata, sì cortesemente,
che sanza compagnia
dovresti avere in tutte parti ardire,
ma se tu vuoli andar sicuramente,
retrova l'Amor pria,
ché forse non è bon sanza lui gire;
però che quella che ti dee audire,
sì com'io credo, è ver di me adirata:
se tu di lui non fosse accompagnata,
leggeramente ti faria disnore.
Con dolce sono, quando se' con lui,
comincia este parole,
appresso che averai chesta pietate:
"Madonna, quelli che mi manda a vui,
quando vi piaccia, vole,
sed elli ha scusa, che la m'intendiate.

Dante Alighieri   -   VITA NUOVA
2 -  O voi che per la via d'Amore passate
3 -  Piangete, amanti


















Amore è qui, che per vostra bieltate
lo face, come vol, vista cangiare:
dunque perché li fece altra guardare
pensatel voi, da che non mutò 'l core".
Dille: "Madonna, lo suo core è stato
con sì fermata fede,
che 'n voi servir l'ha 'mpronto onne pensero:
tosto fu vostro, e mai non s'è smagato".
Sed ella non ti crede,
dì che domandi Amor, che sa lo vero:
ed a la fine falle umil preghero,
lo perdonare se le fosse a noia,
che mi comandi per messo ch'eo moia,
e vedrassi ubidir ben servidore.
E dì a colui ch'è d'ogni pietà chiave,
avante che sdonnei,
che le saprà contar mia ragion bona:
"Per grazia de la mia nota soave
reman tu qui con lei,
e del tuo servo ciò che vuoi ragiona;
e s'ella per tuo prego li perdona,
fa che li annunzi un bel sembiante pace".


7 -  Tutti li miei penser parlan d'Amore.

Tutti li miei penser parlan d'Amore;
e hanno in lor sì gran varietate,
ch'altro mi fa voler sua potestate,
altro folle ragiona il suo valore,

altro sperando m'apporta dolzore,
altro pianger mi fa spesse fiate;
e sol s'accordano in cherer pietate,
tremando di paura che è nel core.

Ond'io non so da qual matera prenda;
e vorrei dire, e non so ch'io mi dica:
così mi trovo in amorosa erranza!

E se con tutti voi fare accordanza,
convenemi chiamar la mia nemica,
madonna la Pietà, che mi difenda.


8 -  Con l'altre donne mia vista gabbate
Con l'altre donne mia vista gabbate,
e non pensate, donna, onde si mova
ch'io vi rassembri sì figura nova
quando riguardo la vostra beltate.

Se lo saveste, non poria Pietate
tener più contra me l'usata prova,
ché Amor, quando sì presso a voi mi trova,
prende baldalza e tanta securtate,

che fere tra' miei spiriti paurosi,
e quale ancide, e qual pinge di fore,
sì che solo remane a veder vui:

ond'io mi cangio in figura d'altrui,
ma non sì ch'io non senta bene allore
li guai de li scacciati tormentosi.

9 - Ciò che m'incontra, ne la mente more
Ciò che m'incontra, ne la mente more,
quand'i' vegno a veder voi, bella gioia;
e quand'io vi son presso, i' sento Amore
che dice: "Fuggi, se 'l perir t'è noia".

Lo viso mostra lo color del core,
che, tramortendo, ovunque pò s'appoia;
e per la ebrietà del gran tremore
le pietre par che gridin: Moia, moia.

Peccato face chi allora mi vide,
se l'alma sbigottita non conforta,
sol dimostrando che di me li doglia,

per la pietà, che 'l vostro gabbo ancide,
la qual si cria ne la vista morta
de li occhi, c'hanno di lor morte voglia.


10 - Spesse fiate vegnomi a la mente
Spesse fiate vegnomi a la mente
le oscure qualità ch'Amor mi dona,
e venmene pietà, sì che sovente
io dico: "Lasso!, avviene elli a persona?";

ch'Amor m'assale subitamente,
sì che la vita quasi m'abbandona:
campami un spirto vivo solamente,
e que' riman perché di voi ragiona.

Poscia mi sforzo, ché mi voglio atare;
e così smorto, d'onne valor voto,
vegno a vedervi, credendo guerire:

e se io levo li occhi per guardare,
nel cor mi si comincia uno tremoto,
che fa de' polsi l'anima partire.

11 - Donne ch'avete intelletto d'amore
Donne ch'avete intelletto d'amore,
i' vo' con voi de la mia donna dire,
non perch'io creda sua laude finire,
ma ragionar per isfogar la mente.
Io dico che pensando il suo valore,
Amor sì dolce mi si fa sentire,
che s'io allora non perdessi ardire,
farei parlando innamorar la gente.
E io non vo' parlar sì altamente,
ch'io divenisse per temenza vile;
ma tratterò del suo stato gentile
a respetto di lei leggeramente,
donne e donzelle amorose, con vui,
ché non è cosa da parlarne altrui.
Angelo clama in divino intelletto
e dice: "Sire, nel mondo si vede
maraviglia ne l'atto che procede
d'un'anima che 'nfin qua su risplende".
Lo cielo, che non have altro difetto
che d'aver lei, al suo segnor la chiede,

e ciascun santo ne grida merzede.
Sola Pietà nostra parte difende,
che parla Dio, che di madonna intende:
"Diletti miei, or sofferite in pace
che vostra spene sia quanto me piace
là 'v'è alcun che perder lei s'attende,
e che dirà ne lo inferno: O mal nati,
io vidi la speranza de' beati".
Madonna è disiata in sommo cielo:
or voi di sua virtù farvi savere.
Dico, qual vuol gentil donna parere
vada con lei, che quando va per via,
gitta nei cor villani Amore un gelo,
per che onne lor pensero agghiaccia e pere;
e qual soffrisse di starla a vedere
diverria nobil cosa, o si morria.
E quando trova alcun che degno sia
di veder lei, quei prova sua vertute,
ché li avvien, ciò che li dona, in salute,
e sì l'umilia, ch'ogni offesa oblia.
Ancor l'ha Dio per maggior grazia dato
che non pò mal finir chi l'ha parlato.


Dice di lei Amor: "Cosa mortale
come esser pò sì adorna e sì pura?"
Poi la reguarda, e fra se stesso giura
che Dio ne 'ntenda di far cosa nova.
Color di perle ha quasi, in forma quale
convene a donna aver, non for misura:
ella è quanto de ben pò far natura;
per essemplo di lei bieltà si prova.
De li occhi suoi, come ch'ella li mova,
escono spirti d'amore inflammati,
che feron li occhi a qual che allor la guati,
e passan sì che 'l cor ciascun retrova:
voi le vedete Amor pinto nel viso,
là 've non pote alcun mirarla fiso.
Canzone, io so che tu girai parlando
a donne assai, quand'io t'avrò avanzata.
Or t'ammonisco, perch'io t'ho allevata
per figliuola d'Amor giovane e piana,
che là 've giugni tu diche pregando:
"Insegnatemi gir, ch'io son mandata
a quella di cui laude so' adornata".
E se non vuoli andar sì come vana,
                 :                 
non restare ove sia gente villana
ingegnati, se puoi, d'esser palese
solo con donne o con omo cortese,
che ti merrano là per via tostana.
Tu troverai Amor con esso lei;
raccomandami a lui come tu dei.
        
12 - Amore e 'l cor gentil sono una cosa


Amore e 'l cor gentil sono una cosa,
sì come il saggio in suo dittare pone,
e così esser l'un sanza l'altro osa
com'alma razional sanza ragione.

Falli natura quand'è amorosa,
Amor per sire e 'l cor per sua magione,
dentro la qual dormendo si riposa
tal volta poca e tal lunga stagione.

Bieltate appare in saggia donna poi,
che piace a li occhi sì, che dentro al core
nasce un disio de la cosa piacente;



e tanto dura talora in costui,
che fa svegliar lo spirito d'Amore.
E simil face in donna omo valente
Voi che portate la sembianza umile,
con li occhi bassi, mostrando dolore,
onde venite che 'l vostro colore
par divenuto de pietà simile?

Vedeste voi nostra donna gentile
bagnar nel viso suo di pianto Amore?
Ditelmi, donne, che 'l mi dice il core,
perch'io vi veggio andar sanz'atto vile.

E se venite da tanta pietate,
piacciavi di restar qui meco alquanto,
e qual che sia di lei, nol mi celate.

Io veggio li occhi vostri c'hanno pianto,
e veggiovi tornar sì sfigurate,
che 'l cor mi triema di vederne tanto.

                                            
15 - Se' tu colui c'hai trattato sovente



Se' tu colui c'hai trattato sovente
di nostra donna, sol parlando a nui?
Tu risomigli a la voce ben lui,
ma la figura ne par d'altra gente.

E perché piangi tu sì coralmente,
che fai di te pietà venire altrui?
Vedestù pianger lei, che tu non pui
punto celar la dolorosa mente?

Lascia piangere noi e triste andare
(e fa peccato chi mai ne conforta),
che nel suo pianto l'udimmo parlare.

Ell'ha nel viso la pietà sì scorta,
che qual l'avesse voluta mirare
sarebbe innanzi lei piangendo morta.


16 - Donna pietosa e di novella etate



Donna pietosa e di novella etate,
adorna assai di gentilezze umane,
ch'era là 'v'io chiamava spesso Morte,
veggendo li occhi miei pien di pietate,
e ascoltando le parole vane,
si mosse con paura a pianger forte.
E altre donne, che si fuoro accorte
di me per quella che meco piangia,
fecer lei partir via,
e appressarsi per farmi sentire.
Qual dicea: "Non dormire",
e qual dicea: "Perché sì ti sconforte?"
Allor lassai la nova fantasia,
chiamando il nome de la donna mia.
Era la voce mia sì dolorosa
e rotta sì da l'angoscia del pianto,
ch'io solo intesi il nome nel mio core;
e con tutta la vista vergognosa

ch'era nel viso mio giunta cotanto,
mi fece verso lor volgere Amore.
Elli era tale a veder mio colore,
che facea ragionar di morte altrui:
"Deh, consoliam costui"
pregava l'una l'altra umilemente;
e dicevan sovente:
"Che vedestù, che tu non hai valore?"
E quando un poco confortato fui,
io dissi: "Donne, dicerollo a vui.
Mentr'io pensava la mia frale vita,
e vedea 'l suo durar com'è leggiero,
piansemi Amor nel core, ove dimora;
per che l'anima mia fu sì smarrita,
che sospirando dicea nel pensero:
- Ben converrà che la mia donna mora -.
Io presi tanto smarrimento allora,
ch'io chiusi li occhi vilmente gravati,
e furon sì smagati
li spirti miei, che ciascun giva errando;
e poscia imaginando,
di caunoscenza e di verità fora,

visi di donne m'apparver crucciati,
che mi dicean pur: - Morra'ti, morra'ti -.
Poi vidi cose dubitose molte,
nel vano imaginare ov'io entrai;
ed esser mi parea non so in qual loco,
e veder donne andar per via disciolte,
qual lagrimando, e qual traendo guai,
che di tristizia saettavan foco.
Poi mi parve vedere a poco a poco
turbar lo sole e apparir la stella,
e pianger elli ed ella;
cader li augelli volando per l'are,
e la terra tremare;
ed omo apparve scolorito e fioco,
dicendomi: - Che fai? non sai novella?
Morta è la donna tua, ch'era sì bella -.
Levava li occhi miei bagnati in pianti,
e vedea, che parean pioggia di manna,
li angeli che tornavan suso in cielo,
e una nuvoletta avean davanti,
dopo la qual gridavan tutti: "Osanna";
e s'altro avesser detto, a voi dire'lo.



Allor diceva Amor: - Più nol ti celo;
vieni a veder nostra donna che giace -.
Lo imaginar fallace
mi condusse a veder madonna morta;
e quand'io l'avea scorta,
vedea che donne la covrian d'un velo;
ed avea seco umiltà verace,
che parea che dicesse: - Io sono in pace -.
Io divenia nel dolor sì umile,
veggendo in lei tanta umiltà formata,
ch'io dicea: - Morte, assai dolce ti tegno;
tu dei omai esser cosa gentile,
poi che tu se' ne la mia donna stata,
e dei aver pietate e non disdegno.
Vedi che sì desideroso vegno
d'esser de' tuoi, ch'io ti somiglio in fede.
Vieni, ché 'l cor te chiede -.
Poi mi partia, consumato ogne duolo;
e quand'io era solo,
dicea, guardando verso l'alto regno:
- Beato, anima bella, chi te vede! -
Voi mi chiamaste allor, vostra merzede".



Io mi senti' svegliar dentro a lo core
un spirito amoroso che dormia:
e poi vidi venir da lungi Amore
allegro sì, che appena il conoscia,

dicendo: "Or pensa pur di farmi onore";
e 'n ciascuna parola sua ridia.
E poco stando meco il mio segnore,
guardando in quella parte onde venia,

io vidi monna Vanna e monna Bice
venire inver lo loco là 'v'io era,
l'una appresso de l'altra maraviglia;

e sì come la mente mi ridice,
Amor mi disse: "Quell'è Primavera,
e quell'ha nome Amor, sì mi somiglia".


Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand'ella altrui saluta,
ch'ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l'ardiscon di guardare.

Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d'umiltà vestuta;
e par che sia cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.

Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che 'ntender no la può chi no la prova:

e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d'amore,
cha va dicendo a l'anima: Sospira.








Vede perfettamente onne salute
chi la mia donna tra le donne vede;
quelle che vanno con lei son tenute
di bella grazia a Dio render merzede.

E sua bieltate è di tanta vertute,
che nulla invidia a l'altre ne procede,
anzi la face andar seco vestute
di gentilezza, d'amore e di fede.

La vista sua fa onne cosa umile;
e non fa sola sé parer piacente,
ma ciascuna per lei riceve onore.

Ed è ne li atti suoi tanto gentile,
che nessun la si può recare a mente,
che non sospiri in dolcezza d'amore.


                                     


Sì lungiamente m'ha tenuto Amore
e costumato a la sua segnoria,
che sì com'elli m'era forte in pria,
così mi era soave ora nel core.

Però quando mi tolle sì 'l valore,
che li spiriti par che fuggan via,
allor sente la frale anima mia
tanta dolcezza, che 'l viso ne smore,

poi prende Amore in me tanta vertute,
che fa li miei spiriti gir parlando,
ed escon for chiamando

la donna mia, per darmi più salute.
Questo m'avvene ovunque ella mi vede,
e sì è cosa umil, che nol si crede.




Li occhi dolenti per pietà del core
hanno di lagrimar sofferta pena,
sì che per vinti son remasi omai.
Ora, s'i' voglio sfogar lo dolore,
che a poco a poco a la morte mi mena,
convenemi parlar traendo guai.
E perché me ricorda ch'io parlai
de la mia donna, mentre che vivia,
donne gentili, volentier con vui,
non voi parlare altrui,
se non a cor gentil che in donna sia;
e dicerò di lei piangendo, pui
che si n'è gita in ciel subitamente,
e ha lasciato Amor meco dolente.
Ita n'è Beatrice in alto cielo,
nel reame ove li angeli hanno pace,
e sta con loro, e voi, donne, ha lassate:
no la ci tolse qualità di gelo
né di calore, come l'altre face,





Gentil ballata mia, quando ti piace,
movi in quel punto che tu n'aggie onore.

13 - Ne li occhi porta la mia donna Amore.

Ne li occhi porta la mia donna Amore,
per che si fa gentil ciò ch'ella mira;
ov'ella passa, ogn'om ver lei si gira,
e cui saluta fa tremar lo core,

sì che, bassando il viso, tutto smore,
e d'ogni suo difetto allor sospira:
fugge dinanzi a lei superbia ed ira.
Aiutatemi, donne, farle onore.

Ogne dolcezza, ogne pensero umile
nasce nel core a chi parlar la sente,
ond'è laudato chi prima la vide.

Quel ch'ella par quando un poco sorride,
non si pò dicer né tenere a mente,
sì è novo miracolo e gentile.

14 - Voi che portate la sembianza umile

17 - Io mi senti' svegliar dentro a lo core
18 - Tanto gentile e tanto onesta pare
19 - Vede perfettamente onne salute
20 - Sì lungiamente m'ha tenuto Amore
21 - Li occhi dolenti per pietà del core

4 - Morte villana, di pietà nemica.


5 - Cavalcando l'altr'ier per un cammino


6 - Ballata i' voi che tu ritrovi Amore





ma solo fue sua gran benignitate;
ché luce de la sua umilitate
passò li cieli con tanta vertute,
che fé maravigliar l'etterno sire,
sì che dolce disire
lo giunse di chiamar tanta salute;
e fella di qua giù a sé venire,
perché vedea ch'esta vita noiosa
non era degna di sì gentil cosa.
Partissi de la sua bella persona
piena di grazia l'anima gentile,
ed èssi gloriosa in loco degno.
Chi no la piange, quando ne ragiona,
core ha di pietra sì malvagio e vile,
ch'entrar no i puote spirito benegno.
Non è di cor villan sì alto ingegno,
che possa imaginar di lei alquanto,
e però no li ven di pianger doglia:
ma ven tristizia e voglia
di sospirare e di morir di pianto,
e d'onne consolar l'anima spoglia
chi vede nel pensero alcuna volta
quale ella fue, e com'ella n'è tolta.
Dannomi angoscia li sospiri forte,
quando 'l pensero ne la mente grave
mi reca quella che m'ha 'l cor diviso:
e spesse fiate pensando a la morte,
venemene un disio tanto soave,
che mi tramuta lo color nel viso.
E quando 'l maginar mi ven ben fiso,
giugnemi tanta pena d'ogne parte,
ch'io mi riscuoto per dolor ch'i' sento;
e sì fatto divento,
che da le genti vergogna mi parte.
Poscia piangendo, sol nel mio lamento
chiamo Beatrice, e dico: "Or se' tu morta?";
e mentre ch'io la chiamo, me conforta.
Piange di doglia e sospirar d'angoscia
mi strugge 'l core ovunque sol mi trovo,
sì che ne 'ncrescerebbe a chi m'audesse:
e quale è stata la mia vita, poscia
che la mia donna andò nel secol novo,
lingua non è che dicer lo sapesse:
e però, donne mie, pur ch'io volesse,
non vi saprei io dir ben quel ch'io sono,
sì mi fa travagliar l'acerba vita;

la quale è sì 'nvilita,
che ogn'om par che mi dica: "Io t'abbandono",
veggendo la mia labbia tramortita.
Ma quel ch'io sia la mia donna il si vede,
e io ne spero ancor da lei merzede.
Pietosa mia canzone, or va piangendo;
e ritrova le donne e le donzelle
a cui le tue sorelle
erano usate di portar letizia;
e tu, che se' figliuola di tristizia,
vatten disconsolata a star con elle.




22 - Venite a intender li sospiri miei




Venite a intender li sospiri miei,
oi cor gentil, ché pietà 'l disia:
li quai disconsolati vanno via,
e s'e' non fosser, di dolor morrei;

però che li occhi mi sarebber rei,
molte fiate più ch'io non vorria,
lasso!, di pianger sì la donna mia,
che sfogasser lo cor, piangendo lei.

Voi udirete lor chiamar sovente
la mia donna gentil, che si n'è gita
al secol degno de la sua vertute;

e dispregiar talora questa vita
in persona de l'anima dolente
abbandonata de la sua salute.

23 - Quantunque volte, lasso!



Quantunque volte, lasso!, mi rimembra
ch'io non debbo già mai
veder la donna ond'io vo sì dolente,
tanto dolore intorno 'l cor m'assembra
la dolorosa mente,
ch'io dico: "Anima mia, ché non ten vai?
ché li tormenti che tu porterai
nel secol, che t'è già tanto noioso,
mi fan pensoso di paura forte".
Ond'io chiamo la Morte,
come soave e dolce mio riposo;
e dico: "Vieni a me " con tanto amore,
che sono astioso di chiunque more.
E' si raccoglie ne li miei sospiri
un sono di pietate,
che va chiamando Morte tuttavia:
a lei si volser tutti i miei disiri,
quando la donna mia
fu giunta da la sua crudelitate;

perché 'l piacere de la sua bieltate,
partendo sé da la nostra veduta,
divenne spirital bellezza grande,
che per lo ciclo spande
luce d'amor, che li angeli saluta,
e lo intelletto loro alto, sottile
face maravigliar, sì v'è gentile.




24 - Era venuta ne la mente mia



Era venuta ne la mente mia
quella donna gentil che piange Amore,
entro 'n quel punto che lo suo valore
vi trasse a riguardar quel ch'eo facia.

Amor, che ne la mente la sentia,
s'era svegliato nel destrutto core,
e diceva a' sospiri: "Andate fore";
per che ciascun dolente si partia.

Piangendo uscivan for de lo mio petto
con una voce che sovente mena
le lagrime dogliose a li occhi tristi.

Ma quei che n'uscian for com maggior pena,
venian dicendo: "Oi nobile intelletto,
oggi fa l'anno che nel ciel salisti".

25 - Videro li occhi miei quanta pietate



Videro li occhi miei quanta pietate
era apparita in la vostra figura
quando guardaste li atti e la statura
ch'io faccio per dolor molte fiate.

Allor m'accorsi che voi pensavate
la qualità de la mia vita oscura,
sì che mi giunse ne lo cor paura
di dimostrar con li occhi mia viltate.

E tolsimi dinanzi a voi, sentendo
che si movean le lagrime del core,
ch'era sommosso da la vostra vista.

Io dicea poscia ne l'anima trista:
"Ben è con quella donna quello Amore
lo qual mi face andar così piangendo".

26 - Color d'amore e di pietà sembianti



Color d'amore e di pietà sembianti
non preser mai così mirabilmente
viso di donna, per veder sovente
occhi gentili o dolorosi pianti,

come lo vostro, qualora davanti
vedetevi la mia labbia dolente;
sì che per voi mi ven cosa a la mente,
ch'io temo forte non lo cor si schianti.

Eo non posso tener li occhi distrutti
che non reguardin voi spesse fiate,
per desiderio di pianger ch'elli hanno:

e voi crescete sì lor volontate,
che de le voglia si consuman tutti;
ma lagrimar dinanzi a voi non sanno.



27 - L'amaro lagrimar che voi faceste



"L'amaro lagrimar che voi faceste,
oi occhi miei, così lunga stagione,
facea lagrimar l'altre persone
de la pietate, come voi vedeste.

Ora mi par che voi l'obliereste,
s'io fosse dal mio lato sì fellone,
ch'i' non ven disturbasse ogne cagione,
membrandovi colei cui voi piangeste.

La vostra vanità mi fa pensare,
e spaventami sì, ch'io temo forte
del viso d'una donna che vi mira.

Voi non dovreste mai, se non per morte,
la vostra donna, ch'è morta, obliare".
Così dice 'l meo core, e poi sospira.

28 - Gentil pensero che parla di vui



Gentil pensero che parla di vui
sen vene a dimorar meco sovente,
e ragiona d'amor sì dolcemente,
che face consentir lo core in lui.

L'anima dice al cor: "Chi è costui,
che vene a consolar la nostra mente,
ed è la sua vertù tanto possente,
ch'altro penser non lascia star con nui?"

Ei le risponde: "Oi anima pensosa,
questi è uno spiritel novo d'amore,
che reca innanzi me li suoi desiri;

e la sua vita, e tutto 'l suo valore,
mosse de li occhi di quella pietosa
che si turbava de' vostri martiri ".

29 - Lasso! per forza di molti sospiri



Lasso! per forza di molti sospiri,
che nascon de' penser che son nel core,
li occhi son vinti, e non hanno valore
di riguardar persona che li miri.

E fatti son che paion due disiri
di lagrimare e di mostrar dolore,
e spesse volte piangon sì, ch'Amore
li 'ncerchia di corona di martìri.

Questi penseri, e li sospir ch'eo gitto,
diventan ne lo cor sì angosciosi,
ch'Amor vi tramortisce, sì lien dole;

però ch'elli hanno in lor li dolorosi
quel dolce nome di madonna scritto,
e de la morte sua molte parole.




30 - Deh peregrini che pensosi andate



Deh peregrini che pensosi andate,
forse di cosa che non v'è presente,
venite voi da sì lontana gente,
com'a la vista voi ne dimostrate,

che non piangete quando voi passate
per lo suo mezzo la città dolente,
come quelle persone che neente
par che 'ntendesser la sua gravitate?

Se voi restaste per volerlo audire,
certo lo cor de' sospiri mi dice
che lagrimando n'uscireste pui.

Ell'ha perduta la sua beatrice;
e le parole ch'om di lei pò dire
hanno vertù di far piangere altrui.

31 - Oltre la spera che più larga gira



Oltre la spera che più larga gira
passa 'l sospiro ch'esce del mio core:
intelligenza nova, che l'Amore
piangendo mette in lui, pur su lo tira.

Quand'elli è giunto là dove disira,
vede una donna, che riceve onore,
e luce sì, che per lo suo splendore
lo peregrino spirito la mira.

Vedela tal, che quando 'l mi ridice,
io no lo intendo, sì parla sottile
al cor dolente, che lo fa parlare.

So io che parla di quella gentile,
però che spesso ricorda Beatrice,
sì ch'io lo 'ntendo ben, donne mie care.

Riassunto
VITA NUOVA


Dopo un preambolo che introduce l’opera come trascrizione di un metaforico "libro de la sua memoria", Dante comincia il racconto del suo amore per Beatrice dal giorno in cui gli apparve per la prima volta all’età di nove anni [II]. In un incontro successivo, nove anni più tardi, Beatrice rivolge a Dante il suo primo saluto nell’"ora nona di quel giorno". Sopraffatto dalla dolcezza, il poeta si ritira in una sua camera per meditare sulla cortesissima. Caduto addormentato, "ne la prima ora delle nove ultime ore de la notte" gli appare in sogno Amore, il quale, dopo aver fatto mangiare a Beatrice il cuore del poeta, piangendo si allontana verso il cielo insieme alla donna. Per avere una spiegazione della visione Dante indirizza ad alcuni "famosi trovatori" del suo tempo il sonetto A ciascun’alma presa e gentil core. Tra le numerose risposte che riceve ce n’è una di Guido Cavalcanti (Vedeste al mio parere omne valore), che segna l’inizio di un’affettuosa amicizia tra i due poeti. Per un certo tempo Dante nasconde il suo amore per Beatrice, fingendo che oggetto del suo interesse sia un’altra donna, per la quale scrive pure alcune rime. Nello stesso periodo compone una "pìstola sotto forma di serventese" dove si celebrano le sessanta donne fiorentine più belle, tra le quali, al nono posto, Beatrice. Dopo la partenza da Firenze della donna che funge da schermo del suo amore (partenza di cui si lamenta in O voi che per la via d’amor passate), Dante assiste al funerale di una giovane amica di Beatrice, per la quale compone i sonetti Piangete, amanti poi che piange Amore e Morte villana, di pietà nemica. Alcuni giorni dopo, durante un viaggio, Amore appare al poeta sotto le spoglie di un pellegrino e gli indica il nome di un’altra donna da usare come schermo del suo amore per la gentilissima (Cavalcando l’altrier per un cammino). La finzione messa in scena con la seconda donna dello schermo finisce per esporre Dante alla maldicenza della gente, tanto che Beatrice arriva a togliergli il saluto (i cui effetti virtuosi sul poeta sono descritti in una breve digressione). Afflitto per esser stato privato della "sua beatitudine" Dante si ritira in una sua camera, dove "ne la nona ora del die" è visitato in sogno da Amore, il quale lo invita a comporre un testo (Ballata, i’ voi che tu ritrovi Amore) per confermare a Beatrice la sua fedeltà. Successivamente, dopo esser stato combattuto da vari pensieri, che gli ispirano il sonetto Tutti li miei penser parlan d’Amore, Dante incontra Beatrice a un convito di gentildonne. Queste, accortesi dello smarrimento che coglie il poeta alla vista dell’amata, cominciano a prendersi gioco di lui con la gentilissima. Crucciato e vergognoso, Dante si ritira nella "camera de le lacrime" dove compone il sonetto Con l’altre donne mia vista gabbate, cui seguono altri due testi che descrivono il suo stato psicologico, Ciò che m’incontra, ne la mente more e Spesse fiate vegnommi a la mente. Qualche tempo dopo, interrogato da alcune donne del corteggio di Beatrice su quale sia il fine del suo amore, Dante risponde che dopo aver perso il saluto della gentilissima la sua beatitudine è riposta "in quelle parole che lodano la donna sua". Al primo testo delle rime della lode, la canzone Donne che avete intelletto d’amore, seguono allora il sonetto Amore e ’l cor gentil sono una cosa, responsivo a un testo d’ignoto che aveva interpellato Dante sulla natura di Amore, e un altro testo in onore della gentilissima, Ne li occhi porta la mia donna Amore. Nel frattempo muore il padre di Beatrice e il poeta, dopo aver interrogato alcune donne che hanno reso visita all’amata in quella circostanza, compone i sonetti Voi che portate la sembianza umile e Se’ tu colui c’hai trattato sovente. Poco tempo dopo lo stesso Dante cade gravemente ammalato per nove giorni. Nel delirio della malattia, durante la quale è assistito da alcune donne, Dante ha una visione che gli preannuncia la morte di Beatrice e che egli descrive, una volta guarito, nella canzone Donna pietosa e di novella etate. Istruito da Amore, apparsogli per l’ennesima volta in visione, Dante descrive in un sonetto a Guido (Io mi senti’ svegliar dentro a lo core), un’apparizione di Beatrice-Amore preceduta da Giovanna-Primavera, la donna amata dal suo primo amico. Firenze da lui scritta a "li principi de la terra". Dante riprende il filo del racconto dalla canzone-planctus per la morte della gentilissima, Li occhi dolenti per pietà del core. Successivamente, su invito di un amico, parente di Beatrice, compone il sonetto Venite a intender li sospiri miei, a cui unisce subito dopo anche due stanze di canzone (Quantunque volte, lasso! mi rimembra). Più tardi, nel primo anniversario della morte di madonna, compone il sonetto, provvisto di due "cominciamenti", Era venuta ne la mente mia. Confortato nel suo dolore dalla compassione di una "gentile donna", alla quale dedica i sonetti Videro gli occhi miei quanta pietate e Color d’amore e di pietà sembianti, Dante si accorge con sgomento che ha cominciato a dimenticare Beatrice (L’amaro lagrimar che voi faceste, Gentili pensero che parla di vui). Un giorno, però, una "forte immaginazione", sopraggiunta all’improvviso "quasi ne l’ora de la nona", riportando alla memoria del poeta la "gloriosa" donna com’era quando la incontrò per la prima volta, riconduce Dante, pentito e vergognoso, al culto unico per Beatrice (Lasso! per forza di molti sospiri). In occasione di un passaggio da Firenze di alcuni pellegrini diretti a Roma, Dante compone Deh peregrini che pensosi andate. Infine, dopo aver scritto il sonetto Oltre la spera che più larga gira, il poeta ha "una mirabile visione", in seguito alla quale si ripropone di non parlare più di Beatrice fino a quando non potrà "dicer di lei quello che mai non fue detto d’alcuna".




Pagina a cura di Nino Fiorillo == e-mail:dlfmessina@dlf.it == Associazione DLF - Messina
Incipit della "Vita Nova" 
in un manoscritto del XV secolo