e quei che Roma corse e l'Italia,
struggitor freddo, fiammingo cesare,
sé stesso obliava, i pennelli
chino a raccogliere dal tuo piede.
Di': sotto il peso de' marmi austriaci,
in quel de' Frari grigio silenzio,
antico tu dormi? o diffusa
anima erri tra i paterni monti,
qui dove il cielo te, fronte olimpia
cui d'alma vita ghirlandò un secolo,
il ciel tra le candide nubi
limpido cerulo bacia e ride?
Sei grande. E pure là da quel povero
marmo più forte mi chiama e i cantici
antichi mi chiede quel baldo
viso di giovine disfidante.
Che è che sfidi, divino giovane?
la pugna, il fato, l'irrompente impeto
dei mille contr'uno disfidi,
anima eroica, Pietro Calvi.
Deh, fin che Piave pe' verdi baratri
ne la perenne fuga de' secoli
divalli a percuotere l'Adria
co' ruderi de le nere selve,
che pini al vecchio San Marco diedero
turriti in guerra giù tra l'Echinadi,
e il sole calante le aguglie
tinga a le pallide dolomiti
sì che di rosa nel cheto vespero
le Marmarole care al Vecellio
rifulgan, palagio di sogni,
eliso di spiriti e di fate,