SUL TESTO
Do per intiero Alcune poesie di Ripano Eupilino; Londra, MDCCLII, presso Giacomo Tomson (in realtà, Milano, Bianchi); in 16°, pagg. CXXIV, più sei del frontespizio e dell’avvertenza A’ leggitori, e due in fine con l’Errata-corrige e la dichiarazione: « Tutte l’espressioni, che a qualunque orecchio più delicato possano sonar male, si attribuiscano alla libertà della Poesia, sia Amorosa che Satirica, Berniesca o di qual’altra specie essa sia », ecc. Che Ripano sia anagramma di PARINO,e che Eupilino rimandi al suo luogo di nascita, sull’Eupili, o lago di Pusiano, è palese e notissimo.
Si avverta che in tutti gli esemplari del libretto, e sono parecchi, da me esaminati, fra le pagg. XXII e XXIII si trova un foglio di due pagine numerate XXii e XXiii (cioè, secondo l’intenzione dello stampatore, XX bis e XX ter) coi sonetti I’ muoio alfine e Lungo ’l Sagrin, e in calce ad essi i richiami Lun- e Non; il quale ultimo non ha corrispondenza, nè col sonetto successivo, come dovrebbe, nè con gli altri seguenti. Ciò fa presumere la soppressione di due sonetti, di che si ha conferma esaminando il breve margine del detto foglio fra le pagg. XXVI e XXVII, resto di una pagina tagliata nella quale doveva trovarsi un sonetto in corrispondenza con il richiamo Non della pag. XXiii.
Numero i componimenti con cifre romane, che, anche per ciò e per distendersi alcuni componimenti in più pagine, non corrispondono a quelle della stampa. Questa nelle note chiamo R.
Secondo criterii generali, rispetto la grafia e l’interpunzione del testo, ma non sì da non togliere la virgola innanzi alla congiunzione e e al pronome che, dove ciò non sia che mero uso grafico; da non ritoccare pel senso, in alcuni pochi luoghi, l’interpunzione; da non togliere maiuscole veramente superflue; da risolvere in doppio i l’ j; e da rinunziare a qualche segno o sostituzione di lettera che agevoli la lettura (p. es. sputiamci invece di sputanci, in XXIV, 12; sarem invece di saren, in LXIV,11). Le correzioni dell’Errata-corrige introduco, naturalmente, nel testo.
A’ LEGGITORI.
Io parrò forse troppo arrischiato mandando al Pubblico questa piccola parte delle mie Rime in tempo che, essendo ogni maniera di letteratura al suo colmo venuta, ogni leggier macchia che in un libro si trovi vien da giudiziosi uomini conosciuta e ripresa. Ma chiunque vorrà pôr mente al fine ch’io mi son proposto e alla cautela da me usata pubblicandole, credo che non potrà di soverchia arditezza o temerità ragionevolmente accusarmi. Perciocchè nè sciocca pompa di comparir tra’ saggi nè vano disio di lode nè verun altro mio consimil pensiere mi ha confortato a dar fuori questo picciol libretto; ma puramente una cotal mia vaghezza, di saper dal Pubblico, siccome io penso, giusto e sincero estimator dell’opere altrui, quale io sia per riuscir nel poetico mestiere, mi ha stimolato a far ciò. Perocchè, leggendo gli amatori degli ameni studii queste Poesie, e ora per l’un capo biasimandole cortesemente, e ora per l’altro graziosamente commendandole, e le lodi o i biasimi loro pervenendomi all’orecchio, io potrò, ove gli uni all’altre sopravanzino, lo incominciato cammin tralasciare, e dare alle Muse un eterno addio, e ove al contrario questi meno soperchiati da quelle, animarmi a salir con più vigore il sacro giogo e procacciarmi qualche fronda di lauro in Parnaso. Per tal motivo in ho voluto scêrre, da’ miei poetici lavori, varii di vario argomento e di varie spezie; acciocchè, veggendoli, il Pubblico mi sappia poi dire a qual maniera di comporre io debba appigliarmi, e quale intralasciare. Voi ci troverete addunque nel presente volumetto componimenti e sacri e morali e amorosi e pastorali e pescatorii e piacevoli e satirici e di molte altre guise, i quali, ove di poco valor fossero, colla loro varietà almeno sarannovi di noia minore. La qual noia medesima io mi sono studiato a mio poter di tôr via, con lo scêrre sì poco numero di componimenti, non volendo colla moltitudine de’ miei pessimi versi il secolo nostro incomodare. Senzachè io non sento poi così bassamente di me medesimo, che non confidi poterci essere in questo libro parecchi lavori che, qual colla limatezza, alcuno colla novità, tale coll’evidenza, e tal altro col particolare e nuovo suo gusto, in vece di noia, diletto vi porgeranno. Il che quantunque sia per negarmisi da certi matti abbaiatori che o per astio o per altra cotal loro passione vorranno che io non ci abbia nulla di buono; spero che voi, onesti e discreti lettori, confesserete esser vero, siccome alla prova potete conoscer leggendo. Al quale effetto io, senza più aggiugner, vi lascio. State sani.