1. Perché il suo linguaggio poetico, armonicamente disarmonico, appare come la fedele rappresentazione della temperie culturale del Manierismo e dei nuovi problemi che essa suscitava nell’uomo.
2. Perché ha saputo fare della poesia non solo lo specchio del proprio tempo e della propria vita, ma anche uno strumento per indagare la realtà. Il suo progetto poetico si fondava infatti sul tentativo di restituire alla poesia un’alta dignità conoscitiva, alla pari della filosofia, della teologia e della scienza.
3. Perché, specialmente in età romantica, è stato visto come il prototipo del poeta sfortunato e perseguitato, in lotta con le istituzioni del proprio tempo.
LE COSTANTI LETTERARIE
Il primo poeta “italiano”
Figlio di padre bergamasco e madre pistoiese, vissuto in molte città diverse, da Napoli a Venezia, a Tasso mancò il radicamento in una particolare realtà territoriale; ciò segnò il suo temperamento irrequieto e nevrotico, ma ne fece anche il primo letterato veramente “italiano”, punto di passaggio fra l’età umanistico-rinascimentale e l’età moderna.
Il rapporto con la cultura ufficiale
Al mancato radicamento territoriale fa riscontro un mancato radicamento sociale; Tasso mantenne sempre un rapporto di amore-odio nei confronti delle corti, delle accademie e della società colta del suo tempo. In particolare nei confronti dell’ambiente delle corti manifestò un atteggiamento di disagio, se non di conflitto. Così pure fu iscritto a numerose accademie ma al tempo stesso ne subì gli attacchi – in particolare dall’Accademia della
Crusca –, che molto lo addolorarono e assieme stimolarono in lui la riflessione sulla poetica.
La composizione poetica e la riflessione
Altra costante è la capacità di Tasso di sviluppare in parallelo la creazione poetica e la riflessione teorica. In questo egli fu un caso unico nel suo tempo: Tasso giunse ad assegnare alla poesia un ruolo conoscitivo fondamentale e ad attribuirle la dignità di una disciplina finalizzataalla verità.
LE OPERE
L’Aminta [1573]
Si tratta di una favola (cioè una commedia) pastorale suddivisa in un prologo e cinque atti, in endecasillabi e settenari, composta nella primavera del 1573 e rappresentata nel luglio dello stesso anno dalla Compagnia dei Gelosi di fronte alla corte estense. Dietro alcuni personaggi si possono intravedere i membri della corte ferrarese.
- La trama
Aminta ama Silvia, che rifiuta l’amore. Anche quando il giovane pastore la salva dal tentativo di violenza da parte di un satiro, la ninfa non gli dimostra alcuna riconoscenza. Quando però Silvia viene creduta morta durante una battuta di caccia, Aminta per la disperazione si getta in un dirupo; all’amaro pentimento della fanciulla fa seguito il ritrovamento del giovane, rimasto miracolosamente illeso: la vicenda può così concludersi con un lieto fine.
- I significati
Tasso tentò di elevare la favola pastorale alla dignità della tragedia, introducendo i cori e sviluppando argomenti di sostanza filosofica, in particolare il problema del libero arbitrio e il rapporto natura-civiltà. I protagonisti vivono un amore sfasato: Aminta infatti ama Silvia, che non lo ricambia; il libero arbitrio deve misurarsi con le leggi dell’amore nei due protagonisti, che vivono ciascuno un diverso ma parallelo processo di formazione, dall’adolescenza all’età adulta, confrontandosi anche con l’esperienza della morte e giungendo faticosamente ad annullare la parte negativa di se stessi: Aminta il desiderio sessuale fine a se stesso e Silvia il pudore asociale e contro natura.
Un coro è dedicato in particolare alla riflessione sul contrasto tra civiltà e natura. Se in un primo momento l’amore e la libertà (valori perduti nella società moderna e rintracciabili solo nel semplice mondo dei pastori) appaiono in netta antitesi rispetto all’onore e alla legge, il percorso di formazione compiuto dai due protagonisti mostra come in realtà questi elementi siano tra loro in rapporto dialettico: solo misurandosi con la legge morale la libertà dell’individuo può creare relazioni interpersonali autentiche, superando lo sterile egoismo.
La Gerusalemme liberata [1559-1593]
- La storia del testo
La vicenda editoriale del poema fu lunga e complessa; al 1559 risale il primo canto del Gierusalemme, cui seguì, nel 1562, la pubblicazione del Rinaldo. Tasso riprese quindi il Gierusalemme, terminato nel 1575 con il titolo provvisorio di Goffredo; ebbe quindi inizio un profondo processo di revisione che si concluse solo nel 1593 con la pubblicazione della Gerusalemme conquistata, edizione che Tasso considerò definitiva. Nel frattempo
però, mentre il poeta era detenuto a Sant’Anna, erano circolate edizioni “pirata” del Goffredo, che avevano preceduto quella del letterato Angelo Ingegneri (1581) intitolata, su iniziativa dell’editore, Gerusalemme liberata.
- La trama
Nell’ultimo anno della prima crociata Dio invia l’arcangelo Gabriele da Goffredo di Buglione per esortarlo ad assumere il comando dell’armata cristiana. Nel frattempo a Gerusalemme il sultano Aladino, fallito il tentativo di rubare in una chiesa un’immagine della Vergine che renderebbe Gerusalemme inespugnabile, minaccia i cristiani; la bella Sofronia si immola e con lei Olindo, che ne è innamorato. I due stanno per essere arsi sul rogo, ma all’ultimo istante vengono salvati dalla guerriera pagana Clorinda. Intanto l’esercito cristiano giunge sotto le mura di Gerusalemme; durante uno scontro Clorinda affronta il guerriero cristiano Tancredi, che se ne innamora e le salva la vita, mentre il pagano Argante fa strage di cristiani. A questo punto i diavoli intervengono nel conflitto; su loro ispirazione al campo cristiano viene inviata la bellissima maga Armida, che seduce molti crociati per allontanarli da Gerusalemme. Rinaldo, il più forte guerriero cristiano, uccide in duello un compagno d’armi e, per evitare la punizione, fugge dal campo crociato [libri I-V].
Argante e Tancredi si sfidano a duello. Calata la notte e sospeso lo scontro, la pagana Erminia, segretamente innamorata di Tancredi, esce da Gerusalemme indossando l’armatura di Clorinda per far visita all’amato ferito, ma viene sorpresa dalle sentinelle e costretta alla fuga. Ospitata nell’umile dimora di un pastore, decide di abbandonare per sempre la vita di corte e le pene d’amore. Tancredi intanto, che ha inseguito Erminia scambiandola per l’amata Clorinda, è fatto prigioniero nel castello incantato di Armida. Fra cristiani e pagani la tregua d’armi è rotta e questi ultimi, sostenuti dai diavoli, hanno momentaneamente la meglio. La disperazione si impadronisce dei cristiani: gli attesi rinforzi cadono in una trappola e vengono massacrati, Rinaldo è creduto morto e contro Goffredo scoppia una rivolta sedata a fatica. Rinnovatasi la battaglia sotto le mura di Gerusalemme, i cristiani stanno per avere la peggio e vengono salvati dall’inatteso sopraggiungere di un manipolo di valorosi guerrieri: si tratta dei cavalieri fuggiti con Armida e da lei stregati; Rinaldo li ha liberati sulla strada per Antiochia [canti VI-X].
I cristiani assalgono con impeto Gerusalemme e riescono ad aprire una breccia nelle mura, anche grazie a una torre di legno. Clorinda e Argante evitano il peggio, e la battaglia è interrotta dal sopraggiungere della notte. Con il favore delle tenebre i due campioni pagani distruggono la torre, ma Clorinda non riesce a rientrare in città e si scontra con Tancredi, che non l’ha riconosciuta e al termine di un feroce duello la uccide; in punto di morte Clorinda ottiene da Tancredi il battesimo. Il mago pagano Ismeno lancia un incantesimo sulla selva che circonda Gerusalemme, impedendo ai cristiani di procurarsi legna per ricostruire la torre d’assedio. L’incantesimo potrà essere spezzato solo da Rinaldo, che però è caduto vittima delle seduzioni di Armida. Con l’aiuto di un “mago naturale” (cioè uno scienziato) due cavalieri cristiani lo raggiungono e spezzano l’incantesimo; Rinaldo parte con loro, mentre Armida giura di vendicarsi [canti XI-XV].
Giunto al campo cristiano con nuove armi, su cui è istoriata la storia della casata degli Este, di cui è il capostipite, Rinaldo ottiene il perdono e spezza l’incantesimo della selva. Costruite nuove macchine d’assedio, i crociati rinnovano l’assalto ed espugnano Gerusalemme. Tancredi e Argante riprendono il duello interrotto; il campione cristiano ha la meglio, ma sviene per le ferite ed è curato da Erminia. Nel frattempo sopraggiunge
l’esercito egiziano, battuto grazie alle gesta eroiche di Tancredi e Rinaldo, il quale persuade Armida a convertirsi alla fede cristiana. Il duello finale tra il comandante egiziano Emireno e Goffredo di Buglione si conclude con la vittoria di quest’ultimo, che può infine sciogliere il suo voto al Santo Sepolcro offrendo a Dio le sue armi [canti XVI-XX].
- Dalla Liberata alla Conquistata
Negli ultimi anni Tasso lavorò alla definitiva revisione del poema, allo scopo di renderlo più coerente con le regole di Aristotele e con la morale cristiana. Rispetto alla Liberata, la Conquistata evidenzia: un aumento delle dimensioni dell’opera, da venti a ventiquattro canti; un maggiore rispetto del vero storico e un’ispirazione più “realistica”; diversi mutamenti di nome dei protagonisti (per esempio Rinaldo diventa Riccardo, Armida diventa Nicea ecc.); l’eliminazione di diversi episodi secondari in omaggio all’unità d’azione; una riduzione dell’importanza del tema amoroso a vantaggio di quello guerresco; un approfondimento del lato umano di alcuni protagonisti, come Argante. Paradossalmente, critica e pubblico decretarono il successo della Gerusalemme liberata, contro le aspettative e la volontà dello stesso autore.
- Dal romanzo cavalleresco al poema eroico
I modelli con cui Tasso dovette confrontarsi furono l’Orlando furioso di Ariosto, che ignorava le regole aristoteliche ma riscuoteva un enorme successo, e l’Italia liberata dai goti di Trissino, che seguiva rigorosamente le norme di Aristotele ma che nessuno leggeva e pochissimi apprezzavano. Tasso si pose pertanto il problema di aderire ai precetti della Poetica, in particolare alle tre unità di tempo, luogo e azione, che soli potevano garantire all’opera lo status di poema eroico conferendogli la stessa dignità della tragedia, evitando al tempo stesso la monotonia e assicurandosi il successo del pubblico. La soluzione di Tasso fu la varietà nell’unità: un’unica vicenda principale arricchita da azioni accessorie che all’avvenimento principale continuamente rimandano. Il poema epico si fa così specchio del mondo, che è assieme uno e molteplice.
- Il vero storico, il verosimile e il meraviglioso
Tasso racconta un evento storico, la prima crociata, lontano nel tempo, convinto che la verità attiri l’interesse del lettore, e garantendosi al tempo stesso la massima libertà nella narrazione dei particolari. Oggetto della poesia del resto non è il vero ma il verosimile, e ciò che conta è che quanto i personaggi dicono o fanno risulti sempre appropriato e plausibile. Nei miracoli e nelle magie, che rendono interessante l’opera, per Tasso il verosimile sposa il meraviglioso “cristiano”, in quanto si tratta di azioni operate da Dio o dal demonio. Unire insegnamento e divertimento, utile e piacevole, è l’obiettivo fondamentale di Tasso, convinto che il compito della letteratura sia la ricerca della verità.
- I temi
Opera-mondo, la Gerusalemme liberata sviluppa moltissime tematiche, tra cui prevalgono quelle della religiosità, della natura e dell’amore. Il tema religioso è inquadrato nel cosmico conflitto fra bene e male, che coinvolge la sfera umana e quella soprannaturale; connessi a questo tema sono quelli della guerra e della magia, distinta in bianca e nera; l’esito finale non deve ingannare, perché il fatto che ai tempi di Tasso Gerusalemme fosse nuovamente in mano ai musulmani dimostra quanto la vittoria del bene su questa terra sia fragile e mai definitiva.
Quanto al tema della natura, nel poema il paesaggio diviene per la prima volta elemento strutturale: non solo infatti visualizza gli stati d’animo dei protagonisti, ma si carica di valori simbolici funzionali al racconto (è il caso per esempio del contrasto luce-ombra).
Il tema amoroso appare infine declinato in forme problematiche: gli amori nel poema appaiono sempre sfasati e sembrano potersi realizzare solo attraverso il sacrificio di sé. Il fatto poi che quasi tutte le vicende amorose coinvolgano personaggi appartenenenti ai due opposti schieramenti, dimostra che l’amore è l’unica forza capace di conciliare i contrasti.
- I personaggi
I personaggi del poema sono assai diversi rispetto a quelli della tradizione cavalleresca; Tasso ne fa delle autentiche persone, con una profondità psicologica e un mondo interiore individuale, fatto di problematicità e contraddizioni.
Esemplare è in questo senso il personaggio di Tancredi, che anticipa aspetti della sensibilità romantica.
- Lo stile
Tasso cercò di elevare il poema eroico alla dignità della tragedia, perseguendo l’obiettivo di una classicità moderna attraverso uno stile “magnifico” e “sublime”. L’obiettivo fu conseguito ricorrendo a frequenti citazioni classiche, a una musicalità prima sconosciuta, all’uso intenso delle figure retoriche e a una particolare attenzione alla dispositio; rispetto all’armonioso canone petrarchesco, Tasso scelse una disarmonia armonica.
- La produzione lirica
Tasso compose circa duemila poesie, più di qualunque altro poeta italiano. Ciò si deve sia al fatto che egli era un poeta cortigiano, quindi un professionista delle lettere, sia al fatto che fu il primo a estendere l’ambito del poetabile ben al di là del petrarchismo. Tasso curò solo tre stampe delle sue poesie, in particolare l’edizione in due parti delle Rime (nel 1591 le rime amorose e nel 1593 le lodi e gli encomi), sviluppando una grande varietà di argomenti, molti dei quali anticipano la lirica barocca, e introducendo richiami continui alla propria tormentata autobiografia.
Lo stile è sempre nobile, più vicino al sublime tragico che al medio lirico, innovativo soprattutto nel linguaggio; su un fondo petrarchesco Tasso introduce latinismi, dantismi e lombardismi, perseguendo l’obiettivo di una lingua chiara e musicale. Frequente è anche il ricorso all’arguzia, cioè all’accostamento inedito e ardito di concetti, altra anticipazione della sensibilità barocca.
Dal punto di vista metrico Tasso privilegiò tre metri: la canzone, il sonetto e il madrigale, rinnovandoli dall’interno.
Nel sonetto, in particolare, fece entrare in conflitto lo schema metrico e la sintassi per mezzo di enjambements e forti cesure interne. Tasso rinnovò inoltre profondamente il madrigale, rendendolo uno schema metrico molto più libero rispetto alla tradizione petrarchesca.
I madrigali tassiani sono organismi complessi dal punto di vista fonico e rigorosi sotto il profilo logico: sovente sviluppano un’argomentazione tripartita in dichiarazione, sviluppo e riflessione conclusiva.
- Gli scritti teorici
Dai Discorsi dell’arte poetica ai Discorsi del poema eroico [1562-1594]
Iniziati intorno al 1562, quando Tasso frequentava a Padova le lezioni sulla Poetica di Aristotele, e pubblicati nel 1587, i Discorsi dell’arte poetica sono suddivisi in tre libri, dedicati rispettivamente alla materia, alla forma e allo stile più adatti al poema eroico. Parallelamente al rifacimento della Liberata in Conquistata Tasso rivide completamente il trattato, ripubblicandolo in sei libri nel 1594 con il nuovo titolo di Discorsi del poema eroico, avvicinandosi maggiormente alle indicazioni aristoteliche in particolare per quanto riguarda la storicità dei fatti narrati e il carattere educativo e morale del poema.
Il Giudizio sovra la sua «Gerusalemme» da lui medesimo riformata [1593-1595] Composto fra il 1593 e il 1595, rimase inedito e fu pubblicato postumo solo nel 1666. Tasso mette a confronto la Liberata e la Conquistata a tutto vantaggio della seconda; in particolare nel primo libro il poeta parifica poesia e filosofia, nel secondo accosta il poeta al teologo.
Il Re Torrismondo [1573-1587]
Iniziata nel 1573 con il titolo provvisorio di Galealto, la tragedia fu rielaborata e pubblicata nel 1587 con il titolo di Re Torrismondo. Ambientata in un tempo imprecisato e in un paesaggio nordico tempestoso e barbarico, mette in scena la vicenda di Torrismondo che, innamoratosi della bella Alvida, promessa sposa dell’amico Germondo, e da lei ricambiato, cade in preda ai sensi di colpa e a un profondo turbamento psicologico, che si conclude con il suicidio della coppia allorché i due scoprono di essere fratello e sorella. Tasso recupera il tema dell’incesto inconsapevole dall’Edipo
re di Sofocle, e insieme le indicazioni di Aristotele per il quale solo un personaggio in parte colpevole e in parte innocente può innescare nel pubblico la catarsi tragica.
I Dialoghi [1575-1595]
Tra il 1575 e il 1595 Tasso compose ventotto dialoghi dedicati ad argomenti vari: l’amore, la nobilità, la virtù, la corte ecc. La forma dialogica, risalente a Platone ma che aveva conosciuto una nuova fortuna nei secoli XV e XVI, permette di mettere in scena una «civil conversazione» cui partecipano amici o ospiti del poeta, confrontando idee e posizioni anche molto differenti, espresse in un linguaggio sempre estremamente curato.
Le ultime opere
Negli ultimi anni Tasso compose diverse opere di ispirazione cortigiana o religiosa, come i poemetti in ottave La genealogia di Casa Gonzaga (1591), Monte Oliveto (1588, incompiuto, dedicato alla descrizione del monastero napoletano dove Tasso fu ospitato dai frati olivetani), Le lagrime di Maria Vergine e Le lagrime di Gesù Cristo (1593). La più importante è però il poema in endecasillabi sciolti Le sette giornate del mondo creato, composto fra il 1592 e il 1594 e pubblicato postumo nel 1607. Contrapponendosi alla filosofia materialista e razionalista di Epicuro (predicata dal poeta latino Lucrezio nel poema De rerum natura), Tasso qui si fa decisamente poeta-teologo nel tentativo di costruire un sistema filosofico e poetico cristiano.
Le lettere
Tasso indirizzò durante la sua vita numerosissime lettere a svariati personaggi, destinate sovente già nelle intenzioni dell’autore a essere lette in pubblico. Ne pubblicò egli stesso alcune, in particolare le Lettere familiari (1588), in cui Tasso contribuisce alla creazione del proprio mito di intellettuale malinconico e solitario, dolorosamente consapevole della propria genialità, in conflitto con la sua epoca, con il mondo delle corti e, in generale, con le istituzioni religiose e civili. Non sempre attendibili sotto il profilo autobiografico, queste lettere vanno considerate a tutti gli effetti come un’opera letteraria.