CULTURA
COLLABORA
GRANDI POETI
NEWS
Untitled

La sentenza del 10 marzo 1302 emanata da Cante Gabrielli da Gubbio, podestà di Firenze, non solo esiliava i capi della famiglia Gherardini, ma si estendeva anche Ser Petracco ed allo stesso Dante Alighieri: una sentenza, quindi, destinata ad influenzare profondamente la storia della letteratura italiana.
A causa dell'esilio paterno, il giovane Francesco trascorse l'infanzia in Toscana - prima ad Arezzo, dove nacque il 20 luglio 1304, poi ad Incisa e a Pisa - dove il padre era solito spostarsi per ragioni politico-economiche. Ma già nel 1311 la famiglia (nel frattempo era nato nel 1307 il fratello Gherardo) si trasferì a Carpentras, vicino Avignone (Francia), dove Petracco sperava di ottenere incarichi presso la corte papale. Malgrado le inclinazioni letterarie, manifestate precocemente nello studio dei classici e in componimenti d'occasione, Francesco, dopo gli studi grammaticali compiuti sotto la guida di Convenevole da Prato, venne mandato dal padre prima a Montpellier e dal 1320, insieme a Gherardo, a Bologna per studiare diritto civile. Qui, probabilmente, Francesco venne per la prima volta in contatto con la tradizione poetica italiana. Morto il padre, poco dopo il rientro in Provenza (1326), Petrarca, come lui stesso racconterà sia nelle lettere sia in poesia, incontrò il 6 aprile 1327, venerdì santo, nella chiesa di Santa Chiara ad Avignone, Laura e se ne innamorò. Un amore autentico per una donna reale (come insistette il poeta nelle sue confessioni), del quale non restano tuttavia dati documentati: come apprendiamo dalle opere di Petrarca, questo amore non venne ricambiato perché la donna era già sposata, e venne assunto tra i motivi centrali dell'esperienza umana e poetica dello scrittore. Fin dalle antiche vite di Petrarca è stata proposta l'identificazione di Laura con Laura de Noves, coniugata con Ugo de Sade.
Attorno al 1330, consumato il modesto patrimonio paterno, Petrarca si diede alla carriera ecclesiastica, abbracciando gli ordini minori. In questo periodo fu assunto come cappellano di famiglia dal cardinale Giovanni Colonna, fratello di Giacomo Colonna, anch'esso amico del poeta, nominato vescovo di Lombez nel 1330. Come lui stesso scrisse in una lettera al fratello, trascorse il periodo avignonese negli studi, senza peraltro trascurare i piaceri mondani; proprio da due relazioni avute nel 1337 e nel 1343 nacquero i figli Giovanni e Francesca, che legittimò solo in seguito, curandone la sistemazione economica e l'educazione. Appoggiato dalla illustre e potente famiglia romana dei Colonna (fu amico anche di Stefano e Giovanni Colonna), compì in quegli anni numerosi viaggi in Europa, spinto dall'irrequieto e risorgente desiderio di conoscenza umana e culturale che contrassegna l'intera sua agitata biografia: fu a Parigi, a Gand, a Liegi (dove scoprì due orazioni di Cicerone), ad Aquisgrana, a Colonia, a Lione. Parallelamente alla formazione culturale classica e patristica, cresceva il suo prestigio in campo politico: nel 1335 ebbe inizio il suo carteggio con il Papa, inteso non solo a sedare alcune rivolte nella penisola, ma anche a ottenere il ritorno della sede pontificia da Avignone a Roma, affinché si mettesse fine alla cosiddetta cattività avignonese. A questo periodo (1336-1337) risalgono anche la prima visita dell'Urbe, il trasferimento da Avignone a Valchiusa, attualmente Fontaine-de-Vaucluse nel dipartimento francese della Vaucluse, dove aveva acquistato una casa e la nascita di un figlio naturale, Giovanni, che morì poi in giovane età. All'anno successivo risale il progetto delle opere umanisticamente più impegnate, la cui parziale stesura, dell'Africa in particolare, gli procurò tale notorietà che contemporaneamente (il 1º settembre 1340) gli giunse da Parigi e da Roma il desiderato invito dell'incoronazione poetica.
Scelta Roma, preparata l'orazione per la solenne cerimonia, Petrarca scese in Italia a Napoli, ove, sotto il patrocinio del re Roberto D'Angiò, lesse alcuni episodi del poema e discusse, in tre giornate, di poesia, dell'arte poetica e della laurea: l'8 aprile del 1341, per mano del senatore Orso dell'Anguillara, veniva incoronato in Campidoglio a Roma magnus poeta et historicus, e otteneva il privilegium laureae. Questo altissimo riconoscimento, che sarà al centro della battaglia combattuta da Petrarca per il rinnovamento umanistico della cultura, lo confortò a proseguire la stesura dell'Africa, ospite di Azzo da Correggio a Parma e a Selvapiana, in Valdenza, sino al 1342.
Altri eventi si verificarono durante la sua vita a Valchiusa: come la conoscenza di Cola di Rienzo, alle cui istanze Petrarca ottenne dal Papa la promessa della proclamazione, nel 1350, del giubileo romano, la monacazione (tra i certosini di Montrieux, nel comune di Méounes-les Montrieux, dipartimento del Var) di Gherardo, la nascita (da una misteriosa relazione) di una figlia illegittima, Francesca. Verso la fine del 1343 ritornò, per incarico del Papa, a Napoli, ripassò da Parma e si recò, infine, a causa della guerra che turbava l'Emilia, a Verona, dove scoprì i primi sedici libri delle Epistole ad Attico e le Epistole a Quinto e a Bruto di Cicerone. Dall'autunno del 1344 al 1347 risiedette a Valchiusa, donde lo distolse l'entusiastica adesione alla rivolta di Cola, ben presto smorzata amaramente dagli eventi, quando già aveva varcato le Alpi.
Rinunciò al viaggio romano e si arrestò a Parma, dove lo raggiunse la notizia (19 maggio 1348) della morte di Laura, colpita dalla peste così come gli amici Sennuccio del Bene, Giovanni Colonna, Francesco degli Albizzi. Fu nominato canonico del duomo di Padova nel 1349 per intercessione dell'amico Jacopo II da Carrara. Il signore di Padova intese in tal modo trattenere in città il poeta il quale, oltre alla confortevole casa, in virtù del canonicato ottenne una rendita annua di 200 ducati d'oro, ma per alcuni anni Petrarca avrebbe utilizzato questa abitazione solo occasionalmente.
Lasciata Parma, Petrarca riprese a vagabondare per l'Italia (fu a Carpi, a Ferrara, tornò a Padova su invito di Francesco, successore di Jacopo II, a Mantova ospite di Guido Gonzaga, a Firenze, ove rinnovò i legami di amicizia con Giovanni Boccaccio e altri letterati toscani, e a Roma), fino al 1351, quando, rifiutata ogni altra offerta, rientrò (anche su pressione papale) in Provenza, dove scrisse le prime Epistole a Carlo IV di Boemia perché scendesse in Italia a sedare le rivolte cittadine.
Nel giugno del 1353, in seguito alle aspre e pungenti polemiche ingaggiate con l'ambiente ecclesiastico e culturale di Avignone, Petrarca lasciò definitivamente la Provenza e accolse l'ospitale offerta di Giovanni Visconti, arcivescovo e signore della città, di risiedere a Milano. Malgrado le critiche di amici e nemici, che gli rimproveravano la scelta di mettersi al servizio di un signore che avrebbe presumibilmente limitato la sua libertà, collaborò con missioni e ambascerie (a Genova, a Venezia e a Novara, incontrò l'imperatore a Mantova e a Praga) all'intraprendente politica viscontea, cercando di indirizzarla verso la distensione e la pace. Nel giugno del 1359 per sfuggire alla peste abbandonò Milano per Padova e quindi nel 1362 per Venezia, dove la Repubblica di Venezia gli donò una casa in cambio della promessa di donazione, alla morte, della sua biblioteca, che era allora certamente la più grande biblioteca privata d'Europa, alla città lagunare. Si tratta della prima testimonianza di un progetto di "bibliotheca publica".. Il tranquillo soggiorno veneziano, trascorso fra libri e amici, fu turbato nel 1367 dall'attacco maldestro e violento mosso alla cultura, all'opera e alla figura sua da quattro filosofi averroisti: amareggiato per l'indifferenza dei veneziani, Petrarca, dopo alcuni brevi viaggi, accolse l'invito di Francesco da Carrara e si stabilì a Padova; di lì a poco (1370), si trasferì con i suoi libri ad Arquà, un tranquillo paese sui colli Euganei, nel quale si era occupato - come sua abitudine - di far adattare e restaurare una modesta casa, generoso dono del tiranno padovano. Tra le famiglie padovane che gli furono più vicine ci fu quella dei Peraga, in particolare i due fratelli frati Bonsembiante e Bonaventura Badoer Peraga.
Da Arquà (dove l'aveva raggiunto la figlia Francesca assieme al marito Francescuolo da Brossano) si mosse di rado: una volta per sfuggire alla guerra scoppiata tra Padova e Venezia, un'altra per pronunciare una solenne orazione che ratificava la pace tra le due città venete. Tanto che rifiutò la nomina a diventare segretario papale ad Avignone con la conseguente carica di cardinale.
Colpito da una sincope, morì ad Arquà nella notte fra il 18 e il 19 luglio del 1374, esattamente alla vigilia del suo settantesimo compleanno e, secondo la leggenda, mentre esaminava un testo di Virgilio, come auspicato in una lettera al Boccaccio. Il frate dell'Ordine degli Eremitani di sant'Agostino Bonaventura Badoer Peraga fu scelto, da tutte le autorità, per tessere l'orazione funebre a nome di tutti. Per volontà testamentaria, le spoglie di Petrarca furono sepolte nella chiesa parrocchiale del paese; furono poi collocate dal genero in un'arca marmorea accanto alla chiesa.
Il Medioevo teocentrico nel secolo XIV è ormai finito: sta nascendo una nuova forma di civiltà caratterizzata dall'attiva borghesia dei Comuni e delle Signorie, impegnata più nei commerci e nelle manifatture che nelle questioni dottrinali e religiose. L'amore per la civiltà romana rappresenta pure l'interesse per le questioni pratiche e per la vita operosa senza finalità religiose, propria degli antichi. Petrarca quindi vive un periodo di transizione in cui sono presenti le contraddizioni fra lo spirito ascetico medievale e lo spirito moderno. Da un lato sente il richiamo della vita contemplativa, dall'altro è attratto dalla vita attiva, dai piaceri mondani, come l'amore per Laura e la passione per la cultura classica. L'interesse però ormai si è spostato da Dio all'uomo e al suo mondo.
Petrarca è dunque un antesignano del Rinascimento: al dogmatismo e alla fede nel principio di autorità, egli contrappone il dubbio, la ricerca, la verifica, inaugurando così il criticismo del Rinascimento. Ciò che lo interessa maggiormente è l'humanitas, cioè l'insieme delle qualità che danno fondamento ai valori più intrinsecamente umani della vita, con un'ansia di meditazione e di ricerca. Per Petrarca la letteratura nasce come valore a sé stante ed è il più alto prodotto dello spirito umano poiché in essa egli può realizzare interamente se stesso fissando per l'eternità pensieri e sentimenti in parole e immagini.
Il 5 aprile 2004 vennero resi noti i risultati dell'analisi dei resti conservati nella tomba del poeta ad Arquà Petrarca: il teschio presente, peraltro ridotto in frammenti, una volta ricostruito, è stato riconosciuto come femminile e quindi non pertinente. Inoltre un frammento di pochi grammi del cranio, inviato a Tucson in Arizona ed esaminato con il metodo del radiocarbonio, ha consentito di accertare che il cranio femminile ritrovato nel sepolcro risale al 1207 circa. A chi sia appartenuto e perché si trovasse nella tomba del Petrarca è ancora un mistero, come un mistero è dove sia finito il vero cranio del poeta. Lo scheletro è stato invece riconosciuto come autentico: esso riporta alcune costole fratturate, infatti Petrarca fu ferito da una cavalla con un calcio al costato
Il poeta amava molto i gatti e in particolare amò una gatta che si dice stesse sempre ai suoi piedi mentre egli scriveva; questa dopo la morte fu imbalsamata ed è nella nicchia al pian terreno della casa di Arquà. La tomba reca due epigrammi latini del canonico Antonio Quarenghi:
« Etruscus gemino vates ardebat amore:/ Maximus ignis ego; Laura secundus erat./ Quid rides? divinæ illam si gratia formæ,/ Me dignam eximio fecit amante fides./ Si numeros geniumque sacris dedit illa libellis/ Causa ego ne sævis muribus esca forent./ Arcebam sacro vivens à limine mures,/ Ne domini exitio scripta diserta forent;/ Incutio trepidis eadem defuncta pavorem,/ Et viget exanimi in corpore prisca fides. »
che, trasportato nella nostra lingua, con gli stravolgimenti e le brutture che sono fisiologiche quando si tratti di tali operazioni di travaso, recita:
« Il poeta toscano arse di un duplice amore:/ io ero la sua fiamma maggiore, Laura la seconda./ Perché ridi? Se lei la grazia della divina bellezza,/ me di tanto amante rese degna la fedeltà;/ se lei alle sacre carte diede i ritmi e l’ispirazione,/ io le difesi dai topi scellerati./ Quand’ero in vita tenevo lontani i topi dalla sacra soglia,/ perché non distruggessero gli scritti del mio padrone./ E ora pur da morta li faccio tremare ancora di paura:/ nel mio petto esanime è sempre viva la fedeltà di un tempo. »

Opere principali



Francesco Petrarca
Arezzo, 20 luglio 1304 – Arquà, 18/19 luglio 1374
FRANCESCO PETRARCA
FRANCESCO PETRARCA

1337 - De viris illustribus
1341 - Collatio laureationis
1342 - Africa
1343 - Secretum
1346 - De vita solitaria
1348 - Psalmi penitentiales
1348 - Orationes
1350 - Rerum memorandarum
             libri
1355 - Invective contra
            medicum
1357 - Bucolicum carmen
1361 - Epistole metricae
1368 - De gestis Cesaris
1370 - Testamentum
1371 - Posteritati
1374 - I trionfi
1374 - Canzoniere
rancesco Petrarca era figlio di Eletta Cangiani (o Canigiani) e del notaio ser Pietro di Parenzo di Garzo dell'Incisa (soprannominato Ser Petracco, noto nei documenti con il cognome di Petracca, quasi identico a quello che il figlio renderà famoso), entrambi fiorentini. Ser Petracco apparteneva alla fazione dei guelfi bianchi e fu amico di Dante Alighieri, esiliato da Firenze nel 1302 per motivi politici legati alla lotta tra i Gherardini di Montagliari e le aperture di Firenze all'arrivo di Carlo di Valois, fatti interni alle lotte tra guelfi bianchi e neri.
F