Genere allora sovvenian le Muse,
Care tra tutte gl'immortali e pie
Divinità. Correvate la terra
Imaginando e ricordando, e tempio
V'era l'uman pensiero, o pellegrine;
Quando voi nel sonante etra, ne l'ampio
De la luce splendor, ne la procella
Che divina scoscende e i cori prostra,
Prima Omero sentì. La mano ei porse
A la cetra, e lo sguardo al mar di molte
Isole verdi popolato, al cielo
Almo su la beata Eubea raggiante,
E a voi tessali monti esercitati
Dal piè de gl'immortali. Ardea, fremea,
Trasumanato, il giovinetto; e mille
Di numi ombre e d'eroi nel faticato
Petto surgeano a domandargli il canto.
Ed ei pregò, la genitrice Terra
Molto adorando e il Cielo antico; e a' suoi
Voti secondo te chiamò che in alto
Hai sede e regni l'invernal Dodona,
Giove pelasgo. E voi spesso invocando,
Voi già prodotti in più sereno giorno
Eroi figli de' numi e di tiranni
Domatori e di mostri, e quei che forti
Furo e co' forti combatteano, venne
Del re Pelide al tumulo. E sedeva
Inneggiando, e chiamava – O crollatore
Terribile de l'asta, o d'immortali
Cavalli agitator, móstrati al vate,
Uom nato de la diva. Un fatal canto,
Ecco, io medito a te; che n'abbian gloria
Ellade e Ftia regale e d'Eaco i figli,
Incremento di Giove. E, deh m'assenta
Questo voto la Parca!, io ne la gloria
Tua de gli elleni il bel nome disperso
Raccoglierò poeta. Odo, la diva
Odo: e di te la grave ira mi canta.