acque a Forlì poiché la madre era forlivese e riteneva di essere meglio assistita nella sua città.
Dopo il primo anno si trasferì a Sant'Alberto di Ravenna, dove il padre era farmacista.
La sua formazione fu affidata ai religiosi del collegio municipale di Ravenna.
Espulso per indisciplina, Guerrini passò nel 1859 al Collegio Nazionale di Torino. Ottenuto a stento la licenza, si iscrisse a Giurisprudenza all'Università di Bologna, città dove trascorse quasi tutto il resto della sua vita.
Si laureò ed entrò in uno studio di avvocati, ma riconobbe ben presto che la pratica forense non faceva per lui. Partecipò attivamente, invece, alle lotte politiche locali. Venne eletto consigliere comunale di Ravenna negli anni 1870, 1872, 1879 e 1883. Fu anche assessore negli anni 1873-74, durante i quali istituì la sezione dei pompieri e fondò una biblioteca popolare a Sant'Alberto.
Nel 1874 fu uno dei collaboratori del giornale satirico bolognese Il Matto. Nello stesso anno si sposò con Maria Nigrisoli e fu assunto alla Biblioteca Universitaria di Bologna, della quale divenne in seguito direttore. Nel 1889 fu eletto membro del consiglio provinciale scolastico di Bologna. Nel 1891 diede le dimissioni e si ritirò dalla vita politica attiva.
Nel 1898 gli fu intentata una causa per diffamazione dall'allora vescovo di Faenza, mons. Giovacchino Cantagalli poiché il 25 settembre di quell'anno era apparsa sul periodico locale Il Lamone (a indirizzo radicale) un sonetto ("Parla il pastore") irriverente verso il vescovo. Il sonetto era firmato «Argia Sbolenfi», uno degli pseudonimi di Guerrini.
Dopo una condanna in primo grado il 14 giugno 1899, che comportò una multa di 250 lire, Guerrini ricorse in appello e fu assolto.
Il 28 novembre 1914 si trasferì a Genova poiché, essendo scoppiata la guerra, ed essendo troppo anziano per prendervi parte attivamente, aveva offerto il proprio servizio ove occorresse ed era stato nominato bibliotecario nel capoluogo ligure; vi rimase sino al 1915.
Morì a Bologna di cancro alla gola il 22 ottobre 1916.
Olindo Guerrini fu un erudito e critico letterario militante, agile ed attento ad ogni nuova voce. Amò molto fotografare e andare in bicicletta per tutta Italia.
Fu amico e ammiratore del Carducci anche se nelle sue poesie predomina un tono medio, che ne fa un tipico esponente del verismo, inteso come rifiuto di idealizzazione della realtà e rappresentazione dei suoi aspetti più bassi e sgradevoli (in questo, dunque, si differenzia dall'accezione di verismo che è in Verga e Capuana).
Inoltre, la sua opera ebbe vasta risonanza ai suoi tempi per gli atteggiamenti anticlericali e socialisteggianti e per la polemica contro romantici e idealisti. Di seguito si fornisce l'elenco delle sue opere letterarie:
Postuma
Si tratta di una raccolta di poesie pubblicate nel 1877 fingendo si trattasse dei versi di un cugino, Lorenzo Stecchetti, morto per tisi. Il volumetto procurò all'autore una grande notorietà. Basti pensare che il libro, alla sua uscita, ebbe un successo di vendite maggiore delle Odi barbare e che, nel corso della vita dell'Autore, ne uscirono ben 32 edizioni.
Polemica e Nova polemica
Sono due volumetti usciti nel 1878 pubblicati ancora sotto lo pseudonimo di Lorenzo Stecchetti in cui l'autore polemizzava con i critici idealisti (fra cui Giovanni Rizzi e Luigi Alberti); ottennero un certo successo.
La vita e le opere di Giulio Cesare Croce
È un volume pubblicato sulla vita e le opere del bolognese Giulio Cesare Croce (l'autore del Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno), opera erudita, scritta nel 1878 per procurarsi un titolo per l'impiego nelle biblioteche governative; rappresenta il primo studio serio sull'autore cinquecentesco.
Giobbe
Si tratta di un poema burlesco e parodistico scritto nel 1882 in collaborazione con Corrado Ricci e in polemica con Mario Rapisardi.
La tavola e la cucina nei secoli XIV e XV
Pubblicato nel 1884 è un saggio che rappresenta la prima rigorosa indagine sulla cucina italiana del Medioevo.
Rime di Argia Sbolenfi
È una raccolta di poesie pubblicata nel 1897 con lo preudonimo di "Argia Sbolenfi"; la vena di Guerrini si riduce a licenziosità triviali e dove ricompare la denuncia violenta dell'ipocrisia e del conformismo morale, religioso e sociale.
Ciacole de Bepi
Iniziate sul giornale "Il Pugno di Ferro" nel 1903 e pubblicate in volume nel 1908, è un'opera nella quale dimostrando abilità di verseggiatore e una piacevole vena di rimatore, si dedicò alla lingua veneta, facendo parlare papa Pio X.
In bicicletta
Pubblicati nel (1901), sono scritti di argomento ciclistico che dimostrano la sua passione per la bicicletta (fu capoconsole del Touring Club Italiano).
Brani di vita
Usciti in prima edizione nel (1908) sono un libro di ricordi, in cui vengono antologizzate alcune pagine già apparse in Brandelli.
L'arte di utilizzare gli avanzi della mensa
Opera comparsa postuma nel 1918 dove viene illustrata una cucina “povera”, allusiva della penuria alimentare cui era condannato il Guerrini stesso dal magro stipendio di bibliotecario presso l'Università e dalla precaria vita di scrittore.
Sonetti Romagnoli
Uscirono postumi nel 1920 pubblicati dal figlio Guido. È un'opera nella quale usò il dialetto romagnolo raggiungendo una notevole efficacia nel descrivere la psicologia dei suoi conterranei.Uno dei sonetti più famosi s'intitola La Zabariona.
Guerrini, usò una miriade di pseudonimi e inventò molteplici maschere per firmare molte delle sue composizioni. «Lorenzo Stecchetti», «Argia Sbolenfi», «Marco Balossardi», «Giovanni Dareni», «Pulinera», «Bepi» e «Mercutio»
Senza dubbio minori sono le maschere di Odino Linguerri, anagramma di Olindo Guerrini, che firmò alcune massime sull'almanacco della birra Dreher e Giovanni Dareni, sotto il nome del quale girarono alcune rime riunite nell'opuscolo Orribile fatto successo presso la Chiesa di Monte Calderaro, distante sette miglia da Bologna.
Un discorso a parte merita Angelo Viviani, autore di Poesie, uscite per la Tipografia del Vocabolario nel 1881. Alberto Bacchi della Lega affermò che tale volume era senza dubbio opera del Guerrini, che dunque aveva usato uno pseudonimo. La vicenda, con le relative problematiche, è stata analizzata da Novelli per il quale Guerrini «ha lavorato di forbici su un'opera altrui, magari una delle moltissime che gli giungevano da tutt'Italia»; per Mariotti, invece, l'opera è senz'altro di tale Angelo Viviani (del quale, tuttavia, nulla sappiamo).