Con un linguaggio arguto, appena increspato dal dialetto borghese, Trilussa ha commentato circa cinquant'anni di cronaca romana e italiana, dall'età giolittiana agli anni del fascismo e a quelli del dopoguerra.
La corruzione dei politici, il fanatismo dei gerarchi, gli intrallazzi dei potenti sono alcuni dei suoi bersagli preferiti.
Ma la satira politica e sociale, condotta d'altronde con un certo scetticismo qualunquistico, non è l'unico motivo ispiratore della poesia trilussiana: frequenti sono i momenti di crepuscolare malinconia, la riflessione sconsolata, qua e là corretta dai guizzi dell'ironia, sugli amori che appassiscono, sulla solitudine che rende amara e vuota la vecchiaia (i modelli sono, in questo caso, Lorenzo Stecchetti e Guido Gozzano).
La chiave di accesso e di lettura della satira del Trilussa si trovò nelle favole.
Come gli altri favolisti, anche lui insegnò o suggerì, ma la sua morale non fu mai generica e vaga, bensì legata ai commenti, quasi in tempo reale, dei fatti della vita.
Non si accontentò della felice trovata finale, perseguì il gusto del divertimento per sé stesso già durante la stesura del testo e, ovviamente, quello del lettore a cui il prodotto veniva indirizzato.
Trilussa fu il terzo grande poeta dialettale romano comparso sulla scena dall'Ottocento in poi: se Belli con il suo realismo espressivo prese a piene mani la lingua degli strati più popolari per farla confluire in brevi icastici sonetti, invece Pascarella propose la lingua del popolano dell'Italia Unita che aspira alla cultura e al ceto borghese inserita in un respiro narrativo più ampio.
Infine Trilussa ideò un linguaggio ancora più prossimo all'italiano nel tentativo di portare il vernacolo del Belli verso l'alto.
Trilussa alla Roma popolana sostituì quella borghese, alla satira storica l'umorismo della cronaca quotidiana.
Nella cultura popolare, specialmente a Roma e dintorni, le opere di Trilussa sono diventate fonti di massime e detti, ma nessuno di questi ha superato come diffusione e notorietà quello dei "polli di Trilussa", diventati celebri a livello matematico, e non solo, come la più proverbiale osservazione a proposito delle medie statistiche.
Tutto nasce dalla poesia La Statistica:
« Sai ched'è la statistica? È na' cosa
che serve pe fà un conto in generale
de la gente che nasce, che sta male,
che more, che va in carcere e che spósa.
Ma pè me la statistica curiosa
è dove c'entra la percentuale,
pè via che, lì, la media è sempre eguale
puro co' la persona bisognosa.
Me spiego: da li conti che se fanno
seconno le statistiche d'adesso
risurta che te tocca un pollo all'anno:
e, se nun entra nelle spese tue,
t'entra ne la statistica lo stesso
perch'è c'è un antro che ne magna due. »
(Trilussa, La Statistica)
Di fatto il componimento di Trilussa non fa altro che affermare che se qualcuno mangia due polli, e qualcun altro no, in media hanno mangiato un pollo a testa, anche se di fatto sappiamo che uno non l'ha mangiato.
La scelta del pollo va inserita nel contesto storico, in quanto ai tempi di Trilussa mangiare pollo era considerata "una cosa da ricchi", ma anche se oggi in Italia la situazione è diversa il significato del ragionamento umoristico non cambia.
Quindi sebbene facendo la media sulla popolazione potesse risultare che ogni persona mangia un pollo (quindi abbia un certo benessere) nella realtà potrebbero essere in molti a non poterselo permettere e il dato sarebbe ingrossato dal consumo della fascia di popolazione più ricca.
Con questa poesia Trilussa anticipa un tema che è diventato assai attuale con la diffusione dell'informazione statistica per fini di promozione politica, economica e non solo.
Come infatti sosteneva Darrell Huff nel suo Mentire con le statistiche (How to Lie with Statistics) spesso il numero statistico, magari privo di informazioni dettagliate, può essere interpretato in modi diversi a seconda dei dati correlati.
Così la media è un dato spesso poco significativo o addirittura fuorviante se non si sa esattamente su quale base è calcolata e con quale criteri è definita: e questa imprecisione, a volte, può essere voluta, con lo scopo intenzionale di ingannare.
Casi del genere hanno portato con il tempo a modifiche sull'uso di dati statistici, ad esempio per misurare il reddito medio di una certa nazione, che può risultare elevato grazie alla presenza di pochi individui multimiliardari a fronte di una massa di persone sotto la soglia di povertà. La scienza statistica, peraltro, dispone di strumenti che permettono di tenere conto di questa variabilità, come il Coefficiente di Gini. T
uttavia (al di là dell'eventuale uso strumentale della media statistica) il tema del "pollo di Trilussa" esemplifica bene la sovrapposizione che si fa a livello popolare tra la statistica in generale (che contiene tra l'altro delle misure di dispersione) e la media statistica, che è una misurazione tanto nota ed esaltata da essere spesso confusa con la statistica stessa.
Molte delle composizioni di Trilussa sono state a più riprese utilizzate da altri artisti come testi per le proprie canzoni, talvolta reinterpretandole. Alcuni esempi:
Ninna nanna della guerra rivisitata da Maria Monti
Ninna nanna della guerra cavallo di battaglia per molti anni di Claudio Baglioni, specialmente nelle registrazioni dal vivo (vedi la sua discografia).
Esempi di utilizzo dei suoi versi si trovano anche nella musica colta.
Alfredo Casella, ad esempio, musicò alcune favole romanesche (Er coccodrillo, La carità, Er gatto e er cane, L'elezzione der presidente).
La poesia Quella vecchietta cieca è stata ripresa e riutilizzata da Albino Luciani, papa Giovanni Paolo I, per sviluppare una delle lettere contenute nel libro Illustrissimi.
Luciani, come nella poesia, si interroga sulla fede: su che cosa essa sia e sul perché alcuni la sentano ardentemente mentre altri non l'abbiano affatto.
Luciani aggiunge poi alcuni riferimenti a Manzoni.
Una citazione della satira sui "polli" si ritrova nella canzone Penelope di Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, nel verso "Se io mangio due polli e tu nessuno statisticamente noi ne abbiamo mangiato uno per uno."
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